Mons.Pio e la Madonna 

Esporre in dettaglio le caratteristiche della devozione alla Madonna di Mons. Pio Del Corona è un’impresa ancora prematura, perché richiederebbe lo studio di quasi tutti gli scritti del Vescovo: non solo i libri di argomento mariologico, ma anche le lettere (65 volumi!), che quasi sempre hanno spunti e temi mariani.

Ci limiteremo quindi ad alcuni accenni, pescando qualche perla, qualche riflessione che rivelerà come l’ardente e continuo amore per la Madonna ha aperto l’intelligenza di Mons.Pio ai misteri della Madre di Dio. Tra il Vescovo e la Madonna si era creata un’intimità così grande che, da come ne parlava, pareva che Mons.Pio avesse conosciuto la Vergine di persona.              

La figura della Madre Celeste è sempre stata nei pensieri e nel cuore di Alberto Del Corona, fin dalla tenera età; sappiamo poco dei suoi primi anni, sappiamo però che la sua riflessione si alimentava nel ciclo delle feste liturgiche, delle ricorrenze mariane, e  cresceva e si approfondiva continuamente.

 

L’immagine venerata nel Santuario livornese della Madonna di Montenero;una cerimonia in onore di Mons. Pio all’interno del Santuario

Non è un caso che la sua vocazione domenicana e sacerdotale sia maturata ai piedi dell’immagine della Madonna di Montenero, venerata nel santuario situato alle pendici di Livorno, sua città natale. Tutta la sua vita è trascorsa nel segno di Maria, le tappe principali della sua esistenza sono state vissute con lo sguardo fisso a Maria. La sera stessa della sua consacrazione episcopale, per esempio, Mons.Pio scriveva: “Come bene contemplai la formazione del Sacerdote eterno nel seno di Maria per l’ombra dello Spirito Santo!”.

La vicinanza del Vescovo con la Madonna, la sua intimità mariana, aveva sviluppato in lui un carattere materno nel trattare con i propri figli spirituali: “Il Crisma dello Spirito Santo con cuore di Madre fa il Vescovo. E’ dunque un composto di amore e tenerezza”. E non sembri strana questa maternità episcopale, poiché un primo esempio lo aveva dato S.Paolo scrivendo ai Tessalonicesi: “siamo stati amorevoli in mezzo a voi come una madre nutre e ha cura delle proprie creature” (1Ts 2,7).

Gli slanci mistici di Mons.Pio si fondavano su alcune tesi di teologia sviluppate più volte nei suoi scritti. Ecco, per esempio, come viene intesa la centralità di Maria nel mistero cristiano: “Sulla maternità di Maria si incardina tutto il mistero cristiano; da Lei e per Lei il Verbo è venuto e per Lei andiamo al Verbo”. Da questa tesi consegue che la Madonna è Mediatrice di tutte le grazie, è quasi un sacramento: “Ella è un sacramento vivo che irraggia la grazia dello Spirito Santo e la gioia. L’increato Amore santificò l’umanità di Cristo in Maria e per Maria, e non senza il ministero di Lei santifica le anime”. Dalla maternità divina deriva quella universale, quindi Maria “dappertutto entra e di tutto è l’anima, dacché Dio l’ha posta a fondamento delle sue meraviglie nell’opera della nostra salute”. Procedendo dalla teologia alla devozione per la Madonna: “Del suo Nome fatevi scudo, del suo Cuore specchio, del suo Frutto delizia.”; come dire: chi vuole essere difeso da uno scudo preghi il Nome di Maria, chi vuole un esempio da seguire imiti il Cuore di Maria, chi cerca la gioia si nutra del Frutto di Maria. Caldi sentimenti, sì, ma nessun sentimentalismo, la vera devozione consiste nell’imitazione della vita di Maria: “Ella [Maria] che vi [Gesù] vestì del suo sangue verginale mi dirà tutto il mistero, mi farà tutta sentire la fragranza di quel sangue, ed io mangiando il frutto divino della verginità della Madre sarò messo dentro ai segreti dell’amore e del dolore ed imparerò ad essere come Giovanni, tenero nel cenacolo e forte sotto la croce”. E’ da imitare soprattutto la Vergine Addolorata, come Mons.Pio ha scritto sotto una Sua immaginetta: “Fare bello il dolore”.

 

L’immagine della Madonna Assunta che Mons.Pio portava sempre con se

Ogni mistero della vita di Maria ha un suo riflesso nell’anima del cristiano, come il Vescovo ha spiegato più volte, ma c’è un momento della vita della Madonna che lo attrae più di ogni altro: l’Assunzione. Mons.Pio considerava il morire in una festa di Maria come un segno di predestinazione; il suo amore sovrabbondante l’ha spinto a scegliere la festa, l’Assunzione, appunto: “la solennità della Mamma per eccellenza, perché Maria è la Mamma di tutti, compreso anche Dio”. Nel suo Testamento aveva manifestato come avrebbe voluto morire: “Supplico la gloriosa sempre Vergine Maria, stata Madre tenera a me, di venirmi soccorritrice in morte. Possano le virginee sue mani essere l’altare sul quale l’anima mia compia l’ultimo sacrifizio, e dal quale passi al seno di Gesù mio Redentore e mio Dio, nel cui consorzio spero di bearmi nella eternità”. Sul letto dell’agonia, nella notte del 14 agosto 1912, l’hanno sentito ripetere: “All’alba, all’alba”; e proprio all’alba è morto, è trapassato nel giorno senza fine di Dio, come aveva scritto per l’Assunzione della Madonna: “Ella andò ad immergersi nell’infinito di Dio, non ne uscì più. Rimase in seno alla luce, nell’estasi dell’amore che in Dio si eterna”.

 

L’immagine della Madonna del Rosario venerata nel Santuario di Pompei

 

Mons.Pio non poteva non essere un Apostolo del Rosario, di esso ha parlato e scritto innumerevoli volte, perché la meditazione dei misteri del Rosario è preparatoria alla meditazione del Mistero di Dio, la realizzazione dei misteri del Rosario nella nostra vita non è altro che il cammino della santità: “Andate dunque nell’infinito e nell’immutabile dell’essenza di Dio passando per Maria, e ogni mistero del Rosario vi sia gradino a salire verso l’Eterno”. La meditazione dei misteri deve concretizzarsi nella vita: “recitate il Rosario, studiate il Rosario, imprimete nei costumi il Rosario. Molti lo recitano, pochi lo studiano e radi son coloro che lo imprimono nel costume […] Lo imprimere ed esprimere poi nel costume il Rosario è l’opera della santificazione”. Il fulcro della devozione mariana non è la stessa Maria, bensì suo Figlio, “Verbo incarnato, Verbo crocifisso, Verbo glorificato”; ma questo Verbo incarnato è  presente nell’Ostia consacrata custodita all’interno del Tabernacolo; ecco dunque che tra il Rosario e l’Eucaristia c’è un nesso: “Recitandolo [il Rosario] coll’occhio al Tabernacolo, ove è il Dio ascoso, si arde e si freme amando. Mettete dunque la Corona tra voi e il Tabernacolo: sarà un filo d’oro per attrarre la corrente divina dell’amore che ferve nell’umanità del Verbo Dio”.

Il Rosario è stato uno dei pilastri dell’azione pastorale di Mons.Pio, convinto com’era che questa devozione istruisce le menti e tocca i cuori, perché è “una Somma di Teologia cristiana, un compendio del Vangelo, la Bibbia del popolo”; perché “le predicazioni sul Rosario fruttificano e i popoli odono volentieri la parola della celeste Signora”.

 

 
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