ALCUNE GRAZIE RICEVUTE E ATTRIBUITE ALL’INTERCESSIONE DEL SERVO DI DIO
MONS.PIO
ALBERTO DEL CORONA
AVVERTENZA: si lascia alla Chiesa il giudizio definitivo su questi episodi
Durante la vita di Mons.Pio
Suor Antonina Bartolini conversa nel Monastero di via Bolognese, tessitrice (morta il 17 giugno del 1925, all’età di 73 anni), giaceva malata da oltre un anno ed aveva già avuto parecchi sbocchi di sangue.
Furono fatte e ripetute preghiere per la sua guarigione, ma la povera malata andava sempre peggiorando e non dava speranza alcuna.
Un giorno di marzo del
1882 Mons.Pio la confessò e le portò la Santa Comunione.
Egli raccontò
che,nel momento di dare alla suora la sacra Particola, ebbe il pensiero
di dirle: “In nome di Gesù Cristo qui presente, alzati subito e
guarisci!”; ma poi fu trattenuto dal timore di compiere un gesto
esibizionistico e si congedò da lei esortando le suore a pregare con
ferma fiducia che Dio avrebbe nuovamente concesso all’inferma la salute.
Ritornato a San Miniato, Mons.Pio continuava a ricevere notizie allarmanti; un giorno, dopo molte orazioni, gli venne l’ispirazione di mandare un lettera alla Madre Superiora, dove le diceva:”Vai in cella da Suor Antonina e dille: Il Padre ti manda a dire che tu guarisca subito per obbedienza”.
Erano due che dovevano obbedire, la madre e la malata.
E la Madre, piena di
fede, andò al letto della povera inferma, che proprio allora aveva fatto
sangue, e le comunicò l’ordine del padre, dicendole: “Figliola, dobbiamo
obbedire, io e tu”.
E la malata in tono risoluto: “Io obbedisco subito,
datemi i panni”.
Si vestì e scese dal letto, andando libera, senz’alcun
aiuto, mentre fino allora non poteva muoversi e, prima di allettarsi,
andava a stento sulle grucce; si recò in Chiesa fino all’altare
maggiore, dinanzi al Sacramento, dove rimase a pregare.
Era suonato il
mezzogiorno e le suore, eccetto la Madre e l’ammalata, erano al
refettorio.
Uscite che furono, videro con grande sorpresa Suor Antonina
inginocchiata e gioiosa davanti all’altare.
Com’ebbe veduto le consorelle, ella andò loro incontro senza alcuna traccia di male e dopo soli tre giorni riprese il suo faticoso lavoro.
Da quel giorno ella fu soprannominata la resuscitata.
Il medico della casa, dottor Fabio Torracchi, rimase meravigliato e non riuscì a spiegare il fatto se non attribuendolo a un intervento straordinario di Dio.
Dopo la morte di Mons.Pio
Silvana Barbini, figlia di Mario e Ida Merlo, nativa di S. Giovanni in Valdarno, fin dalla nascita era affetta da cistite e calcoli urici ai reni, per cui aveva dolori spasmodici ed emetteva urine torbide e sanguigne.
Ricoverata, nel maggio 1928 dopo quattro anni di cure inutili,
all'ospedale Meyer in Firenze, il Primario Prof. Cocchi confermò la
diagnosi dei medici curanti e aggiunse che la cura sarebbe stata
lunghissima.
Avendo ciò saputo, Suor Maria Caterina Barbini, domenicana del
Monastero di via Bolognese, che era zia della bambina, incominciò subito una
novena al Servo di Dio, mettendo la fotografia della nipote sulla tomba
dello stesso.
Tornata all'ospedale al quinto giorno della novena, ebbe
la grande sorpresa di trovarla perfettamente guarita e di sentirsi dire
dal Prof. Cocchi: “i calcoli urici c'erano, ed ora non ci sono più; come
siano spariti, questo non glielo so dire”.
Maria Tioli, sorella di Suor M. Albertina, domenicana del Monastero di via Bolognese, nel 1917 si ammalò durante la famigerata epidemia della cosiddetta spagnola.
Ridotta in stato gravissimo e abbandonata dal medico curante, sua madre le applicò al braccio, con grande fede, una corona benedetta dal Servo di Dio, invocandone il patrocinio: e quasi subito si operò il miglioramento, sicché al mattino seguente il medico la dichiarava fuori pericolo.