Come ben risulta dalle testimonianze di chi l’ha conosciuto e dalle lettere che lui stesso ha scritto, Mons. Pio amava la natura.
Quando poteva la contemplava, e sempre ne ricavava meditazioni religiose e morali, meditazioni sul Creatore e sulla vita umana intesa come cammino verso Dio.
Il sole, il mare, gli animali, e soprattutto i fiori donavano a Mons. Pio lo spunto per meditazioni e preghiere di lode sempre nuove.
Era per lui spontaneo scorgere nella natura creata l’impronta del Creatore, dalle bellezze e grandezze e potenze naturali visibili ascendeva a qualche attributo dell’Invisibile Dio.
L’amore per la natura di Mons. Pio era dunque differente dall’amore che tante persone provano per la natura.
Il suo amore era più elevato, davvero differente, perché vivificato dal dono dello Spirito Santo detto scienza: un dono
che, sotto l'azione illuminatrice dello Spirito Santo, perfeziona la
virtù della fede, facendoci conoscere le cose create nelle loro
relazioni con Dio.
Nella natura Mons. Pio scorgeva l’impronta del Verbo di Dio, come insegna la Sacra Scrittura:
“Egli è immagine del Dio invisibile,
generato prima di ogni creatura;
poiché per mezzo di lui
sono state create tutte le cose,
quelle nei cieli e quelle sulla terra,
quelle visibili e quelle invisibili:
Troni, Dominazioni,
Principati e Potestà.
Tutte le cose sono state create
per mezzo di lui e in vista di lui.
Egli è prima di tutte le cose
e tutte sussistono in lui.” (Colossesi 1,15-17).
E seguendo l’esempio del Verbo fatto carne, Gesù, che istruiva i suoi
discepoli con paragoni e parabole tratte dalla natura, anche Mons. Pio
prendeva spunto dalla natura per educare le anime che a lui si
affidavano.
Nelle lettere abbiamo infiniti esempi di questo amore che, passando per
la contemplazione della natura, ascendeva a Dio; la natura, grazie alle
spiegazioni di Mons. Pio, diventava un grande e affascinante libro di
catechesi.
Qui sotto riportiamo alcuni passi, avvertendo che la data fra parentesi
dopo la citazione corrisponde alla data della lettera.
(Si veda anche la pagina del sito: Santini con
fiori)
Una riflessione sul sole, ove si sentono
echi di passi della Sacra Scrittura.
“si affaccia il sole, fonte di vita e di gioia al mondo. Salutiamo questo emblema della eterna gioventù di Dio e questo simbolo di casta bellezza che Dio ha destinato a significare la chiarità gloriosa onde è vestita Maria e onde saranno vestiti gli eletti in cielo. […]
Il sole che allieta gli occhi e il cuore dei pellegrini nella regione delle ombre, prelude al godimento degli arrivati alla patria e ci avvicina per fede amante a Colui che è chiamato il Sole della giustizia.
Da quel sole è tutto il nostro bene, da lui la luce della verità, da lui le gioie
dell’amore, da lui la santità delle opere.”
(22-10-1904)
Constatando che gli aranci hanno le
spine, meditava: “Vedete quale mistero! il verde delle foglie in inverno,
la soavità del colore e del sapore nel frutto, e le spine aspre e
trafiggenti. Sono i doni che Dio ci fa nell’esilio, il soave e l’aspro,
per educarci all’amore forte e prepararci ai doni del cielo”.
(19-12-1891)
Osservando un alveare, invitava le suore
ad essere come le api: "le api industri lavorino incorporandosi di
succhi odoriferi: chi farà il miele, chi la cera, l’uno e l'altro è
lavoro nobile: il miele ha il primato della dolcezza, la cera si strugge
in omaggio alla eterna divinità, e dà lume sui nostri altari.
Quel che è il ronzio delle api sia il grido interno della preghiera per le […] lavoratrici.
E la Regina senza pungolo, amante ed amata, governi
l’amabile monarchia, di cui Re è Gesù Cristo.”
(8-4-1899)
Le suore vengono incoraggiate a
rivaleggiare con la natura. Sopra l’altare è raffigurato Gesù che predica le
Beatitudini; negli otto riquadri della volta, ad illustrazione delle
otto beatitudini, sono raffigurati episodi tratti dalla vita di alcuni
Santi Domenicani. “Ieri sera mi affacciai di nuovo alla Cappella delle Beatitudini, ove i
giovani si accolgono spesso a ravvivare il ricordo dei giorni antichi.
Alcuni particolari della cappella
delle beatitudini In occasione della vestizione di due
giovani frati, nella chiesa di San Domenico di Fiesole, fece un discorso
ispirato alla campagna che circondava il convento: Convento di San Domenico di Fiesole:
veduta del convento, alle spalle la collina di Fiesole
“Guardate il cielo e ciascuna dica: Voglio che l’anima mia sia più
serena di te; guardate gli astri e dite: Voi siete sotto il trono di Dio,
noi vogliamo andar sul trono al cuore di Dio.
Dite agli uccelli: Voi
ignorate chi vi ha dato la vita e il canto; noi crediamo all’amore,
inneggiamo all’amore.
Attente all’usignolo: quando né foglie né musco
più si agitano e la luna splende e l’uomo è tutto orecchie, il primo
cantore della creazione intuona i suoi inni all’Eterno.
Intuonate anche
voi il vostro, sorpassate l’usignolo, rivaleggiate coll’angelo,
slanciatevi in Dio; fiorite in virtù, fervete in amore, rompete in
cantici; che è tutto questo se non l’incanto di primavera? Intanto la
natura, figlia di Dio, in occulto tesse la porpora alle rose; comincia
anche il lavorio dei gigli; ma quando spunteranno dalla terra, le suore
potranno dire: Nasceste tardi; altre rose, altri gigli sono già
germinati qui dentro, nell’anima al caldo delle fede, all’alito dello
Spirito Santo.
La primavera dell’anima non comincia in Marzo e in Aprile:
anche il Gennaio, il Febbraio, sotto e sopra la neve, ha i suoi fiori:
perenne è la primavera nell’anima, ove perenne alita il bacio di Dio e
il suo volto splende.”
(8-4-1899)
Nel podere del Convento di San Domenico
di Fiesole, all’estremità del viale che sale verso Fiesole, sorge una
loggetta elegante in forma di cappella aperta, detta cappella delle
beatitudini, tutta affrescata a figure e grottesche da Lorenzo Buti
(1560-1603 circa).
Lo spettacolo di una verde campagna, ricca di ulivi, rallegra; e i
cipressi che davanti alla Cappella si elevano melanconici, fanno parere
maestoso il podere e solenne il silenzio che vi regna.”
(18-6-1910)
“Nell’Orto Gusmano [di San Domenico di Guzmán, n.d.r.] germinate come il
giglio, fiorite come la palma, moltiplicate come il cedro. Germinate
come il giglio: ecco la fragranza delle angeliche virtù che vi
studierete di esercitare; fiorite come la palma: ecco l’altezza delle
contemplazioni in cui vi studierete d’immergervi per imparare a
combattere e a vincere in terra.
E il cedro, che è simbolo della
incorruzione e della eternità, mi chiama dal cuore al labbro questa
finale: Gesù figlio di Maria Vergine, faccia fruttificare largamente in
voi la sua grazia; e nell’Ordine [domenicano] e nella Chiesa renda
immortale l’opera vostra.”
il podere del
convento, dove spesso ha passeggiato Mons. Pio