I Doni dello Spirito Santo e La Vita Soprannaturale

Anime pie, anime giuste, anime sante, formate alla scuola del Santo Patriarca Domenico, voi tutte aspirate a vivere della vita soprannaturale. Ma che cosa è vivere della vita soprannaturale? Questa vita che è la vostra, in che cosa si distingue dalla vostra vita naturale? Anzitutto si distingue per il fine a cui tendono tutti i vostri pensieri, i vostri affetti e le vostre azioni. La vita naturale ha, per scopo il vostro mantenimento nell'esistenza, la perfezione dovuta alle vostre facoltà, le vostre relazioni di famiglia, d'amicizia, di società. Non già che tutto ciò non possa essere elevato dalla grazia a un fine più alto, ma, per sé, tutto ciò è limitato alla terra e deve perire con voi. Invece la vita soprannaturale ha di mira esclusivamente quello che rimane oltre tomba, Dio, che noi speriamo fermamente di godere un giorno nella visione eterna. Essa ordina anticipatamente tutte le nostre attività vitali a questo scopo definitivo e glorioso. E, siccome questo scopo supera infinitamente tutte le forze della nostra natura, siccome la forza di Dio è assolutamente richiesta per farci tendere a Dio efficacemente, è ben giusto che noi chiamiamo una tale vita soprannaturale. Essa è superiore alla nostra natura per l'elevazione dell'ideale che ci propone; è superiore alla nostra natura per la forza divina che esige, forza che noi non abbiamo alcun mezzo di far discendere in noi e che è un puro dono di Dio.

Per intendere la vita soprannaturale tal quale ci è dato di possederla sopra questa terra, bisogna anzitutto trasportarci con il pensiero nella visione beatifica, dove questa vita soprannaturale tocca il suo apogeo e il suo compimento integrale. Ivi Dio è tutto in noi, non il Dio dei Filosofi, Causa prima, Essere perfetto, ma Dio così com'è in se stesso, così come conosce ed ama se stesso, Dio Padre, Dio Figlio, Dio Spirito. Il beato assiste a questo mirabile spettacolo del Padre che genera il Figlio da tutta l'eternità, del Figlio, Verbo del Padre, generato dal suo seno, come uno splendore si sprigiona da un sole ardente, senza abbandonarlo, restando unito a lui, rituffandosi incessantemente in lui per risplendere ancora e sempre, dello Spirito Santo, amore comune del Padre e del Figlio, frutto della cognizione perfetta che la Sorgente che è il Padre ha del Suo splendore che è il Figlio, che il Figlio, riflesso del Padre, ha della Sorgente ingenita della sua bellezza. Il beato vede l'intima essenza della Divinità, vede nella loro origine prima tutte quelle perfezioni delle creature che c'incantano, essere, bontà, verità, spazio, durata, unità, armonia, scienza, cuore, volontà, giustizia e misericordia, Le vede non più sparpagliate, sbriciolate, come le vediamo noi, ciò che ci obbliga a non considerarne simultaneamente che un piccolo fascetto, ma riunite, concentrate, nella semplicità dell'essere divino, non diminuite e come offuscate dalla vita creata, ma nel loro pieno spiegamento, tutte nuove e raggianti della vita infinita nella quale dimorano immerse. Ecco una debole idea di ciò che il beato vede a faccia a faccia, senza tuttavia comprenderne l'immensità, perché è cosa assolutamente superiore alle sue forze. Nulla di ciò che ci tocca, ci seduce, c'incanta, sopra questa terra, nulla di buono e di bello che non si trovi nell'oceano della Divinità, ma infinitamente più grande, infinitamente più bello e più consolante!

Di fronte a questo spettacolo gli occhi e il cuore sono spalancati, e l'Infinito vi penetra senza ostacolo. Come noi ci lasciamo penetrare senza resistenza dai beni di questo mondo, il sapiente dalla verità, l'artista dall'armonia, l'amico dal pensiero dell'amico, dando loro, per così dire, un asilo permanente in fondo a noi stessi, perché vi abitino e vi rimangano in un modo ben più vero, intimo e profondo di quello che ci offre la coabitazione materiale, così Dio penetra nell'intimo del beato, vi abita, vi rimane. Abitazione spirituale, di cui un pensiero e un amore vivo formano il suolo, il tetto e i muri, la sola abitazione in cui possa dimorare l'Essere incorporeo, lo Spirito puro, il Pensiero e l'Amore sussistente che è Dio. Ecco la vita soprannaturale compiuta, la vita eterna del cielo.

Per capire ora che cosa è la vita soprannaturale della terra, ci basterà dare a quello che abbiamo sopra descritto un'occhiata retrospettiva. Perché, quello che è la vita eterna nell'ordine delle cose compiute, la medesima cosa è la vita soprannaturale presente, nell'ordine delle cose che non sono ancora pervenute al loro termine, benché vi tendano efficacemente. Mi spiego. E' una medesima realtà che costituisce il fondo della vita del cielo e della vita soprannaturale terrestre, ma lassù la possediamo senza veli e per non perderla mai più, laddove quaggiù la possediamo in un modo velato e possiamo avere la disgrazia di perderla. Ma, ripeto, salvo la differenza tra la fede e la visione, il possesso è altrettanto reale. Dio abita nei nostri cuori tanto realmente quanto nel cuore del beato, perché, veramente, noi l'amiamo, e l'amore che abbiamo attualmente per Dio non cambierà nel nostro ingresso in cielo. La carità non muore, dice S. Paolo.

Cosicché il giusto, il santo della terra esercita fin d'ora verso Dio il medesimo atto vincitore con il quale in cielo possederà il suo Dio. Dio abita già nel suo amore, e il suo cuore è un vero cielo, quantunque invisibile e sottratto a tutti gli sguardi, compreso il suo. Ecco, nella sua realtà profonda, la vita soprannaturale della terra.

Ma - per penetrare più addentro nelle energie di questa vita misteriosa - chi dunque ha potuto deporre, anticipatamente, nel cuor dell'uomo vivente in questo mondo, quest'amore celeste? Da noi stessi non potremmo produrre una sola stilla d'amore per Dio com'è in se stesso. Anzitutto, naturalmente noi non conosciamo così Iddio; ma bisogna che ci sia rivelato. Ora come si amerebbe naturalmente quello che non si conosce naturalmente? Ma, anche dopo che ci fu rivelato, come oseremmo noi amarlo? - intendo di un amore d'amicizia, di un amore accettato e ricambiato, di un amore efficace in una parola, non di quel falso e scoraggiante amore che si ha per un essere inaccessibile, amore che non potrebbe essere che una velleità d'amore. Eppure è con siffatto amore contraccambiato ed efficace che i beati amano Dio. Dio si abbassò verso di loro e, ciò che essi non potevano fare, egli diede loro modo di farlo; li rese partecipi di quell'amore per il quale egli ama se stesso. L'atto divino è diventato, per quanto è possibile, l'atto del beato. E, come il Padre e il Figlio si amano per lo Spirito Santo, il beato ama Dio per lo Spirito Santo. Ma, poiché l'amore dei beati per Dio è già in noi allo stato di tendenza efficace, è dunque necessario che anche Dio si abbassasse verso di noi per renderei partecipi dell'atto per il quale egli ama se stesso, per alzare il nostro piccolo amore all'altezza del suo cuore, ed è necessario che lo Spirito Santo, amore consustanziale del Padre e del Figlio, sia in certo modo in fondo al nostro amore per Dio. Perché, ripeto, noi amiamo realmente Iddio ed è solo per lo Spirito Santo che si può amare Iddio.

Lo Spirito Santo dunque abita in noi in modo particolare, tutta quanta la SS. Trinità vi abita come oggetto verso il quale tende efficacemente la nostra fede e il nostro amore. Lo Spirito Santo aggiunge a questa maniera di abitare in un'anima, già così intima, un modo speciale, risiedendo in fondo al cuore soprannaturalizzato come principio del movimento per il quale questo tende verso la SS. Trinità. Egli è, per così dire, il cuore del nostro cuore. E, come il cuore si palesa nell'uomo per un'inclinazione che lo trascina, per una specie di peso che l'orienta e l'attrae potentemente verso il suo centro, il suo bene, così lo Spirito Santo, peso immanente alla nostra carità, ci orienta, ci attrae e ci trascina verso la SS. Trinità, centro comune delle aspirazioni dei beati del cielo e dei giusti della terra.

I Doni dello Spirito Santo si collegano appunto all’espansione di questa forza nascosta in fondo al nostro cuore soprannaturalizzato. Sono una delle due maniere, e la più divina, per le quali si esercita l'attività dello Spirito Santo nelle anime dei giusti.

Ogni forza superiore ha due mezzi per esercitare la sua azione. Anzitutto può suscitare, nell'essere che le è sottomesso, organi permanenti, fissi, che si condivideranno sotto la sua direzione i vari domini di attività che son necessari per raggiungere lo scopo che essa si propone. Così quella forza superiore, che noi chiamiamo un germe, suscita nel corpo vivente tutto un insieme di organi che si dividono le diverse funzioni della vita. In questo caso, la forza iniziale conserva solamente la virtù che unifica e vivifica l'organismo: non interviene direttamente e in ogni istante nei particolari dell'opera sua, ma lascia che ciascun organo agisca secondo la legge che essa gli ha tracciato; sembra che essa si pieghi al modo di operare di ciascuno di essi. Così appunto lo Spirito Santo, risiedente alla sorgente di tutta la nostra attività per mezzo della carità, si crea degli organi fissi della sua operazione nelle virtù infuse, nella prudenza, giustizia, fortezza, temperanza, e in tutte le piccole virtù che sono come gli organi secondari, i tessuti e le cellule di questi organi soprannaturali. Egli si contenta di unificarli, di vivificarli, lasciando che essi compiano le loro funzioni proprie, secondo i modi di agire speciali analoghi a quelli delle virtù morali umane che portano i medesimi nomi. La direzione dello Spirito non viene diminuita dal potere che egli lascia a questi ministri del suo potere, che hanno da lui la loro destinazione e da lui ricevono incessantemente l'impulso vivificante che fa convergere la loro attività in vista dello scopo che egli ha loro segnato. Noi tutti conosciamo questa forma della vita cristiana che forma il fondo della vita del giusto, che opera, senza rumore e come naturalmente, opere d'ordine tuttavia divino, poiché lo Spirito Santo non cessa d'essere alla loro sorgente profonda.

Ma se la forza vitale del germe, essenzialmente immersa nella materia alla quale essa comunica la vita, in qualche modo si esaurisce in questa prima attività, non avviene la medesima cosa ad una forza vitale indipendente e necessariamente trascendente come è Dio di fronte alla sua creatura. L'attività divina eccede l'attività di tutti gli organi che le piaccia di creare per attuarsi. Come un capo di Stato, signore assoluto del suo regno, non è tenuto a passare pei suoi subordinati per esercitare la sua volontà su quello o quella parte del suo governo, quantunque li lasci ordinariamente agire per se stessi, così lo Spirito divino, padrone assoluto del governo delle anime nostre in vista del fine soprannaturale, vale la dire del possesso della Trinità. Bisogna dunque aspettarsi, dalla sua parte, degli interventi diretti; sia per accorrere in aiuto agli organi ordinari del suo regno, cioè alle virtù infuse (per esempio, in certi casi eccezionali, come sono le tentazioni gravi, che una virtù ordinaria non può superare); sia semplicemente perché, potendolo, egli lo vuole; sia ancora per promuovere qua e là nella nostra vita opere eccellenti e che sorpassino la comune misura.

A questi interventi appunto i Doni dello Spirito Santo riservano una base d'operazione. Senza dubbio Iddio avrebbe potuto giustificarci senza di noi. Avrebbe potuto entrare a piacimento nella nostra organizzazione soprannaturale, servendosi di noi come di puri strumenti dell'opera sua. Del resto così egli fa, a volte, e appunto ad interventi di questo genere noi dobbiamo, per esempio, attribuire la conversione d'un S. Paolo e tanti altri miracoli interiori. A questi interventi si riallacciano la profezia, il dono dei miracoli e tutte quelle grazie che sono date agli uomini non in vista della loro propria santificazione, ma in vista della santificazione altrui. Se non che, siccome qui si tratta della nostra santificazione personale, Dio, anche quando operi su di noi direttamente e senza passare per i suoi organi ordinari, non volle che fossimo senza merito né senza cooperazione ,alle sue operazioni spontanee, e perciò questo germe santificante fa sorgere nell’anima nostra i Doni dello Spirito Santo. Per loro mezzo il nostro organismo soprannaturale è come raddoppiato. Lo straordinario, lo spontaneo divino, è in certo modo acclimatato: disposizione ben degna d'un motore divino, per cui lo straordinario è uguale all'ordinario, disposizione sapientissima e, si può dire, veramente prudente per un capo assolutamente libero e che sa di possedere delle riserve infinite di governo.

I Doni dello Spirito Santo non sono gli stessi interventi dello Spirito Santo nella nostra vita, ma sono disposizioni abituali deposte nell’anima nostra e che la portano a consentire facilmente a queste ispirazioni. Sono, la parola è forse strana ma è esatta, sono, dico, specie di «disponibilità» di fronte a Dio, che l'anima giusta tiene in riserva, dopo che ha soddisfatto al dovere ordinario che s'incarna nel lavoro morale delle virtù infuse. Creazione originale, certo, ed unica! Ma non è anche l'unico il caso d'un essere morale che si trova alle prese con uno scopo che lo eccede assolutamente, anche sotto l'azione dell’Influsso direttore divino, che egli è impotente a conseguire con le sue energie? Non ci vogliono forse da questo capo, accanto alle virtù sempre attive, disposizioni ricettive per tutti quegl'influssi divini che l'attività umana non potrebbe incanalare? non ci vogliono forse disponibilità permanenti di fronte a tutto ciò che Dio vorrà operare in lui?

E' vero che i Doni dello Spirito Santo sono essi medesimi limitati di numero, poiché se ne contano solamente sette. Ma questo numero non esaurisce le risorse infinite della divina Bontà. Tutte le volte che il numero perfetto di Sette è adoperato nella teologia per designare le opere di Dio, non esprime tanto un limite quanto una pienezza. Vi sono sette sacramenti, vi sono sette virtù tra teologali e morali. Vi sono sette ordini sacri. E gli esempi si potrebbero moltiplicare. Tutte le volte che la pienezza dei tesori divini si effonde sopra la terra, appare il numero sette. Esso era rappresentato, davanti all'Arca dell'Altissimo, cioè di Jahvè, nel candeliere dai sette rami. Diciamo dunque che vi sono sette Doni dello Spirito Santo: il timore, la fortezza, la pietà, il consiglio, la scienza, l'intelletto e la sapienza, ma intendiamo il mistero. I pittori non rappresentano forse lo splendore che si sprigiona dal sole con un numero finito di raggi, e, tra questi, non ne pongono essi in rilievo alcuni, coi quali formano il centro e l'armatura di ciascun fascio luminoso? Così non pretendiamo di rinchiudere l'operare divino nei limiti del nostro potere di riceverlo. Vi sono sette Doni della Spirito Santo; ma i mezzi che Dio ha di metterci in moto in vista della gloria sono infiniti.

Così lo Spirito Santo, questo grande fascinatore, dal fondo della carità ove risiede, vede spiegarsi nell'anima che gli è sottomessa come una tastiera d'organo ricco di molti registri: qui, attività, cioè, le virtù infuse; là ricettività, cioè, i Doni. Ed eccolo, Orfeo sublime, che si pone all'opera. «Lo Spirito soffia dove vuole» [Spiritus ubi vult spirat et vocem eius audis sed non scis unde veniat et quo vadat sic est omnis qui natus est ex Spiritu(Giovanni 3,8)]. Sotto la sua ispirazione fremono i tasti dell'anima rigenerata, ed è un concerto divino dove s'intrecciano gli energici accordi delle virtù e le vibrazioni inebrianti dei Doni. Tuttavia, di mano in mano che si spiegano le divine armonie, sorgono, salgono e si combinano, in un monumento sublime, le decisioni luminose, le azioni giuste, le risoluzioni virili, i casti sacrifici, le sante apprensioni, i coraggiosi assalti e le pazienze indicibili, i pii affetti, i prudenti consigli, i pianti della scienza, i rapimenti dell'intelletto, finalmente, su in alto, gli entusiasmi della Sapienza. E nel fondo dell'anima dei santi, l'Orfeo divino vibra sempre, mentre la Gerusalemme celeste s'accosta lentamente e maestosamente per incoronarli.

«O Gerusalemme, città beata, visione di pace, fabbricata nei cieli con pietre vive, gli Angeli ti coronano come un corteo nuziale.

«Le Pietre tagliate, levigate e cesellate sono messe a pasto dalla mano dell'Artista. Così disposte, eccole per sempre nell'edificio divino.

«La diletta città, a Dio sacra, piena di armonie e di canti di lode, acclama calorosamente il Dio Trino ed Uno» (4).



NOTE

(1) Ad eccezione della profezia, ma la profezia non appartiene all'ordine morale di cui trattiamo.
(2) et requiescet super eum spiritus Domini, spiritus sapientiae et intellectus, spiritus consilii et fortitudinis, spiritus scientiae et pietatis (Isaia 11,2 versio vulgata).
(3) “unumquodque quod perfecte habet naturam vel formam aliquam aut virtutem, potest per se secundum illam operari, non tamen exclusa operatione Dei, qui in omni natura et voluntate interius operatur. Sed id quod imperfecte habet naturam aliquam vel formam aut virtutem, non potest per se operari, nisi ab altero moveatur. Sicut sol, quia est perfecte lucidus, per seipsum potest illuminare, luna autem, in qua est imperfecte natura lucis, non illuminat nisi illuminata. Medicus etiam, qui perfecte novit artem medicinae, potest per se operari, sed discipulus eius, qui nondum est plene instructus, non potest per se operari, nisi ab eo instruatur. Sic igitur quantum ad ea quae subsunt humanae rationi, in ordine scilicet ad finem connaturalem homini, homo potest operari per iudicium rationis. Si tamen etiam in hoc homo adiuvetur a Deo per specialem instinctum, hoc erit superabundantis bonitatis, unde secundum philosophos, non quicumque habebat virtutes morales acquisitas, habebat virtutes heroicas vel divinas. Sed in ordine ad finem ultimum supernaturalem, ad quem ratio movet secundum quod est aliqualiter et imperfecte formata per virtutes theologicas, non sufficit ipsa motio rationis, nisi desuper adsit instinctus et motio Spiritus Sancti” (Summa Theol., 1-2, q. 68, a. 2, co.). “de donis dupliciter possumus loqui. Uno modo, quantum ad essentiam donorum, et sic perfectissime erunt in patria, sicut patet per auctoritatem Ambrosii inductam. Cuius ratio est quia dona spiritus sancti perficiunt mentem humanam ad sequendam motionem spiritus sancti, quod praecipue erit in patria, quando Deus erit omnia in omnibus, ut dicitur I ad Cor. XV, et quando homo erit totaliter subditus Deo. Alio modo possunt considerari quantum ad materiam circa quam operantur, et sic in praesenti habent operationem circa aliquam materiam circa quam non habebunt operationem in statu gloriae. Et secundum hoc, non manebunt in patria, sicut supra de virtutibus cardinalibus dictum est” (Summa Theol., 1-2, q. 68, a. 6, co.)
(4) Urbs Jerusalem beata,/ Dicta pacis visio,/ Quae construitur in coelis/ Vivis ex lapidibus,/ Et Angelis coronata/ Ut sponsata comite:/ Nova veniens e coelo,/ Nuptiali thalamo/ Praeparata ut sponsata/ Copuletur Domino:/ Plateae et muri ejus/ Ex auro purissimo:/ Portae nitent margaritis,/ Adytis patenti bus:/ Et virtute meritorum/ Illuc introducitur/ Omnis, qui ob Christi nomen/ Hic in mundo premitur./ Tunsionibus, pressuris/ Expoliti lapides/ Suis coaptantur locis/ Per manus Artificis:/ Disponuntur permansuri/ Sacris aedificiis. /Gloria et honor Deo/ Usquequaque Altissimo,/ Una Patri, Filioque,/ Inclyto Paraclito,/ Cui laus est et potestas/ Per aeterna saecula./ Amen (in anniversario dedicationis Ecclesiae, hymnus ad I vesperas; Breviarium juxta ritum Ordinis Praedicatorum).