IX
I Doni dello Spirito Santo nel Cuore purissimo della Vergine Maria.

[Ad illustrazione di questo capitolo si veda la pagina immagini artistiche della Pentecoste, nella quale tutti gli artisti danno un rilievo centrale a Maria]

Salve Regina! Ecco il grido che esce più lietamente dal cuore di tutti i figli del beato Domenico. Ogni sera, i santi e le sante del nostro Ordine l'ebbero sulle labbra. Maria è la loro regina. Che cosa vuol dire? Non si tratta evidentemente che di una regalità spirituale. Ma quali doni possano assicurare una tale regalità, se non doni eccellenti dello Spirito? Per il suo cuore infiammato di un'eminente carità, abitazione scelta fra tutte dallo Spirito Santo, Maria regna su cuori anche essi ripieni di carità e abitati dallo Spirito Santo. In lei noi non dobbiamo più mettere in rilievo, come in ciascuno dei nostri santi, un dono speciale. La Sposa dello Spirito Santo è entrata a parte della pienezza di tutti i doni. I sette doni dello Spirito Santo emanano dal suo purissimo cuore e le formano come una gloria splendida e incomparabile. O Beati dell'Ordine di S. Domenico, adorni ciascuno di un dono prezioso ma speciale, salutate la vostra Regina. Salve Regina!

S. Bernardino da Siena, avido di conoscere i misteri del purissimo cuore della Santa Vergine, si domanda ansiosamente come potrà penetrarne le profondità. E gli pare di trovare un'indicazione sicura in queste parole del Vangelo: Un uomo buono trae buone cose dal buon tesoro del suo cuore [L'uomo buono dal suo buon tesoro trae cose buone, mentre l'uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae cose cattive (Matteo 12,35)]. Si rammenta poi che il medesimo Vangelo ci ha riferito esattamente sette parole della beata Vergine. Ella parlò due volte all'angelo, due volte ad Elisabetta, due volte al suo divin Figlio, una volta ai servitori del banchetto di Cana. Ecco, egli esclama, i sette atti d'amore che ci dànno il suo tesoro, ecco le sette fiamme del suo cuore! La prima è quella dell'amore che separa, la seconda è quella dell'amore trasformatore, la terza è quella dell’amore che si dà, la quarta è quella dell'amore giubilante, la quinta è quella dell'amore che riposa, la sesta è quella dell'amore che compatisce, la settima è quella dell'amore consumatore (65).

Queste caratteristiche dei gradi d'amore del purissimo Cuore della SS. Vergine ci sembra che corrispondano a diversi doni della Spirito Santo, benché l'ordine accettato da San Bernardino sia forse suscettibile di ritocchi, specialmente in ciò che riguarda la quarta «fiamma», amoris jubilantis, che corrisponde al cantico: Magnificat, e che noi trasferiremo al settimo posto, come quello che dà l'ultima parola di questo Cuore. Checché ne sia, per parlare delle misteriose operazioni dello Spirito Santo nel Cuore della SS. Vergine, non si potrebbe trovare una base più autentica di queste parole riferite nel Vangelo. Ci applicheremo dunque a meditarle per scoprirne i segreti.

PRIMA PAROLA: IL DONO DEL TIMORE

«L'Angelo le disse: Non temere, Maria; Poiché hai trovato grazia dinanzi a Dio. Ecco che concepirai e partorirai un figlio, e gli porrai nome Gesù... E Maria disse all'Angelo: In qual modo avverrà questo, mentre io non conosco uomo?».
Luca 1,30-34 (66)
«Non temere, Maria». Queste parole dell'angelo ci mettono subito sulla via. Maria alla sua vista si era turbata e si domandava che cosa significasse il suo saluto. «Non temere, Maria; poiché hai trovato grazia dinanzi a Dio». E l'angelo espose le magnificenze della grazia divina: Ella partorirà un figlio. Gesù sarà grande e chiamato Figlio dell'Altissimo, e il Signore Iddio gli darà il trono di Davide suo Padre. Egli regnerà sopra la casa di Giacobbe eternamente e il suo regno non avrà fine. Questo messaggio non fa che raddoppiare il timore di Maria; ma la sua risposta ci palesa la natura del suo timore. E' il timore di una figlia di Dio, di una Vergine casta che, sotto l'ispirazione dello Spirito, ha consacrato la sua Verginità all'Altissimo, e, per piacere a lui, si è separata per sempre da ogni speranza mondana. La sua risposta è il grido dell'amore che separa, cioè del timor filiale che respinge lontano dal giusto tutto quello che può distrarlo da Dio. «Come avverrà questo, mentre io non conosco uomo?».

Beati i poveri di spirito, perché di loro è il regno dei cieli. Maria è povera di spirito, si spogliò di ogni bene creato, compresa anche quella speranza che faceva battere il cuore di tutte le figlie d'Israele e loro insegnava a considerare la verginità come un obbrobrio, rinunziò al matrimonio, ed, anche dopo il messaggio dell'angelo, intende di restar vergine. Onde la beatitudine riservata a quelli che, temendo Iddio, sono poveri di spirito sta per compirsi in lei. Il regno dei cieli è di lei, poiché Gesù, il gran re di questo regno, sta per incarnarsi nel suo seno.

SECONDA PAROLA: IL DONO DELLA FORTEZZA

«L'Angelo le rispose: Lo Spirito Santo scenderà sopra di te, e la virtù dell'Altissimo ti adombrerà. E per questo ancora quello che nascerà da te, Santo, sarà chiamata Figlio di Dio... Poiché nulla è impossibile a Dio.

«E Maria disse: Ecco l'ancella del Signore, si faccia di me secondo la tua parola!».
Luca 1,35-38

Che trasformazione! All'esitazione inquieta subentrò la confidenza assoluta, la risoluzione di abbandonarsi senza riserva all'azione di Dio che può tutto, rimuove tutti i pericoli e ci conduce sicuramente alla meta più inaccessibile. Come conservare la sua verginità, e diventar madre? L'angelo rispose: Nulla è impossibile a Dio. E Maria disse: Ecco l'ancella del Signore, si faccia di me secondo la tua parola. Grido dell'amor trasformatore, cioè del dono della Fortezza. «A volte - dice S. Tommaso - lo Spirito Santo muove lo spirito dell'uomo in modo che egli compia l'opera sua sfuggendo a tutti i pericoli che lo minacciano. Quando non è in poter dell'uomo il conseguire un risultato, o lo sfuggire un pericolo... lo Spirito Santo che guida il nostro cammino verso la vita eterna interviene, e produce nell'anima una sicurezza che esclude ogni timore contrario. Questo dono dello Spirito Santo è il dono della fortezza »(67). Questo passo del Santo Dottore non è forse il commento letterale della trasformazione prodotta in Maria? Ella diceva tutta tremante: come avverrà questo? E l'angelo le rispose: La virtù dell'Altissimo ti adombrerà. Niente è impossibile a Dio. Lo spirito della fortezza la ispira, ed ella dice, come agguerrita: Ecco l'ancella del Signore, si faccia di me secondo la tua parola.

Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. Ecco la beatitudine annessa da S. Agostino al dono della Fortezza. Maria ebbe veramente la fame e la sete della giustizia, poiché, messa in presenza del compimento in lei della grande promessa d'Israele, mantenne i diritti della promessa della verginità, fatta a Dio. Beata Maria, eccola saziata. Darà alla luce il Messia e resterà Vergine. Il santo Bambino che nascerà da lei sarà chiamato Figlio di Dio. O beata, beata Maria, sempre vergine e madre del suo Dio!

TERZA PAROLA: IL DONO DELLA PIETA'

«Maria in quei giorni stessi andò frettolosamente sulla montagna a una città di Giuda. Ed entrò in casa di Zaccaria, e salutò Elisabetta. E avvenne che appena Elisabetta udì il saluto di Maria, il bambino balzò nel suo seno, ed Elisabetta fu ripiena di Spirito Santo, ed esclamò ad alta voce e disse: Benedetta tu fra le donne, e benedetto il frutto del tuo ventre».
Luca 1,39-42

Maria salutò Elisabetta. Quale fosse questo saluto, il Vangelo non lo dice. Fu il grido dell'amore che si comunica, che, possedendo il suo bene, non aspira se non a diffonderlo. Ed eccolo subito comunicato; il figlio d'Elisabetta, figura di tutta l'umanità, balza nel seno di sua madre, e sua madre è ripiena dello Spirito Santo che abita in Maria. Lo Spirito di Maria che saluta Elisabetta è lo Spirito di pietà. La pietà non è forse quel dono di Dio che ci spinge a riverire non solo Iddio, Padre della famiglia cristiana, ma anche questa famiglia stessa in tutti i suoi membri, a renderle tutti i doveri che le dobbiamo, a comunicarle il meglio di ciò che abbiamo? Non è forse esattamente quello che fa Maria, che si reca, con tutta fretta, attraverso le montagne, a prestare la sua assistenza alla cugina Elisabetta, a rallegrare il cuore della sua parente con la presenza del Benedetto d'Israele che porta nel suo seno, a santificare anticipatamente il Precursore, presagio della santificazione futura dell'umanità? Così Elisabetta riconosce il dono della pietà che ispira a Maria i suoi passi: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo ventre. E donde a me questo che la madre del mio Signore venga da me? ... Te beata che hai creduto, perché si adempiranno le cose dette a te dal Signore».

Sì, beata, beata Maria! Secondo S. Tommaso le beatitudini del Vangelo si disputano l'onore di dipendere dal dono della pietà, certamente perché questo dono eccellente non si può esercitare senza sollevare sopra i propri passi una compagnia di eccellenti desideri. Beati i mansueti, perché possederanno la terra; beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati; beati i misericordiosi, perché otterranno misericordia. Sembra che l'atto del dono della pietà sia formato da ciò che vi è di meglio in questi tre doni: la mansuetudine, la giustizia e la misericordia. E tutto questo infatti si trova nella Visitazione di Maria Santissima. Il suo saluto fu dolce, come attesta l'accoglienza che le fece Elisabetta; la sua visita fu un atto di giustizia, poiché compiva un dovere; l'opera di santificazione che compì fu misericordiosissima. Ecco dunque come ella, nel medesimo tempo, possiede la terra per la santificazione che vi produce, è saziata per la gioia che suscita la sua visita e vede confermarsi in lei la misericordia del Signore per la nuova sicurezza che reca alla sua felicità la profezia d'Elisabetta: Beata lei che ha creduto, perché le cose che le furono dette avranno il loro compimento.

QUARTA PAROLA: IL DONO DEL CONSIGLIO

«Tre giorni dopo vi furono nozze in Cana di Galilea, ed era qui la Madre di Gesù. E fu invitato anche Gesù con i suoi discepoli alle nozze. Ed essendo venuto a mancare il vino, dice a Gesù la Madre: Non hanno più vino. E Gesù le disse: Che ho io da fare con te, o donna? Non ancora è venuta la mia ora».
Giovanni 2,1-4

«Non hanno più vino». Quanto è grande, in queste brevi parole, la fiducia di Maria nel Figlio! Non sollecita, non domanda neppure; conoscendo il cuore di lui, si contenta di manifestare il suo. Sì, manifesta il suo cuore, cuore di padrona di casa e di invitata, delicatamente commosso dal rossore che sta per provare il suo ospite. Non hanno più vino: è il consiglio appena sussurrato da una madre, conscia del cuore e dell'onnipotenza del figlio, e che riposa pienamente sull'uno e sull'altra: Flamma amoris soporantis. Chi può ispirarle un modo così insinuante e così fermo ad un tempo, così degno del Dio a cui ella si rivolge, perché è un Dio che ella osa consigliare, un modo tuttavia così bene improntato dei suoi diritti di madre? Se il consiglio fu mai largito in dono ad una creatura mortale, lo fu certamente in questa circostanza. Chi potrebbe trovare da sé la forza persuasiva di un simile consiglio? Non è forse l'atto di una prudenza consigliata dall’alto, di una prudenza diretta dal gran Consigliere?

Beati i misericordiosi, perché otterranno misericordia. A primo aspetto, sembra che Maria non abbia ottenuto misericordia: «Donna - le dice Gesù - che ho io da fare con te? Non ancora è venuta la mia ora». Ma ciò non è se non un'apparenza. Le madri sanno ciò che si nasconde sotto le esteriorità di freddezza che i loro figli grandi oppongono alle loro proposte. Sanno che, mentre resistono in nome della ragione, già cedono nel loro cuore. Maria non s'inganna. Il suo cuore misericordioso per questa povera gente sa che otterrà pietà. E comanda ai servitori di fare tutto quello che dirà suo figlio, e il miracolo si compì. Il suo consiglio prevalse, perché in fondo, era il consiglio di un amore ispirato dal Dio di misericordia. Beata lei per essere stata così misericordiosa, perché ottenne misericordia.

QUINTA PAROLA: IL DONO DELLA SCIENZA

«Gesù le dice: Che ho io da fare con te, o donna? Non ancora è venuta la mia ora. Dice sua Madre a coloro che servivano: Fate quello che vi dirà... E Gesù disse loro: Riempite di acqua le idrie. Ed essi le riempirono fino all'orlo. E Gesù dice loro: Attingete adesso, e portate al maestro di tavola. E ne portarono. E appena ebbero fatto il saggio dell'acqua convertita in vino, il maestro di tavola chiama lo sposo, e gli dice: Tutti servono da principio il vino migliore, e quando già sono brilli, allora dànno quello meno buono; ma tu hai serbato il migliore fino ad ora».
Giovanni 2,4-10

Non ancora è venuta la mia ora, dice Gesù. Ma quella di Maria è venuta, ed essa lo sa. L'ora di Maria è l'ora in cui l'uomo si trova nell'imbroglio, nel dolore, nella miseria. Ella conosce tutte le nostre sofferenze, dalla piccola ferita di amor proprio dell'ospite che, in pieno banchetto, si trova a non aver più niente da offrire ai suoi invitati, fino alle dolorose sofferenze che minacciano nel suo fondo la nostra vita. Ella sa tutto questo, e la sua scienza non è inoperosa. Flamma amoris compatientis. E' la fiamma dell'amore che compatisce: fate tutto quello ch'egli vi dirà, dice ai servitori. Chi dunque le ispira questo ardire? Come osa ella regolarsi come se questa ora fosse venuta, quando il Maestro dice: Non è ancora venuta la mia ora? E' perché lo Spirito dell'Altissimo la anima di una scienza superiore. E perché sotto la dura parola: «Che ho io da fare con te, o donna?» ella scopre, per ispirazione dello Spirito Santo, il Cuore di Colui che dirà presto: Ho pietà della turba. Misereor super turbam [misereor super turba quia ecce iam triduo sustinent me nec habent quod manducent (Marco 8,2)].

Beati quelli che piangono, perché saranno consolati. E' la beatitudine da S. Agostino annessa al dono della Scienza, e giustamente; perché quanto meglio si conosce il mondo, tanto più si vede che è triste e pieno di miserie.

Il cuore delicato di Maria intravide nell'affanno del maestro di tavola la pena umana. E' poca cosa, ma sufficiente, quando si è ispirati dallo Spirito della Scienza. Ella sa, e piange con quelli che piangono. Non hanno più vino! Che accento pietoso! Ma dopo: Fate tutto quello che vi dirà. E l'acqua si cambia in vino, e l'ansietà che stava per raggiungere il cuore dello sfortunato anfitrione si cambia per giunta in allegria. E Maria gode deliziosamente di udire il maestro di tavola che dice allo sposo, il quale non aveva sospettato di niente: Tu hai serbato il buon vino fino ad ora. Che consolazione per questo cuore delicato! Dunque beati quelli che piangono, istruiti dal dono della Scienza, perché saranno consolati!

SESTA PAROLA: IL DONO DELL'INTELLETTO

«Avvenne che dopo tre giorni lo trovarono nel tempio che sedeva in mezzo ai dottori, e li ascoltava, e li interrogava; e tutti quel che l'udivano restavano attoniti della sua sapienza e delle sue risposte. E, vedutolo, ne rimasero stupiti. E la Madre sua gli disse: Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco che tuo padre e io addolorati andavamo in cerca di te. Ed egli disse loro: Perché mi cercavate voi? Non sapevate come debba occuparmi nelle cose spettanti al Padre mio? Ed essi non compresero quel che egli aveva loro detto. E se n'andò con loro e fece ritorno a Nazaret, ed era ad essi soggetto. E la Madre sua tutte queste cose conservava in cuor suo».
Luca 2,46-52

«Figlio, perché ci hai fatto questo?». Vi è qui dono dell'intelletto? «Ed essi non compresero quel che egli aveva loro detto». E qui pure, vi è dono dell'intelletto? Come dunque in queste parole di Maria vediamo noi l'espressione del dono dell'Intelletto? ­ Ma non abbiamo letto sino in fondo il nostro testo: «La Madre sua tutte queste cose conservava in cuor suo». Ecco, questa volta, l'opera del dono dell'Intelletto.

Per trovare, bisogna cercare, per ricevere, bisogna domandare. Nel Cantico dei Cantici, in cui i santi hanno veduto gli amplessi dell'intelletto umano e della Divinità, vi sono fasi di ricerca e istanti di incontro, istanti di incontro fuggitivo e di possessi silenziosi. Maria è la Sposa dei Cantici. Gesù è il suo diletto. Ella lo conosce per lo Spirito dell'intelletto che riposò sopra di lei nella sua Annunciazione. Ma il dono dell'Intelletto sopra questa terra non esclude le oscurità della fede. L'anima vede tutto a un tratto, sotto un impulso più forte del cuore, ma, dopo un istante, il diletto si è sottratto. Essa non può riprenderlo, e lo cerca. «Lui cercai, che è l'amore dell’anima mia; lo cercai, e non lo trovai. Mi alzerò, e andrò attorno per la città; per le contrade e per le piazze cercherò di lui, che è l'amore dell'anima mia. Mi trovarono le sentinelle che stanno a guardia della città. Avreste mai veduto colui, che è l'amor dell'anima mia? Quand'io le ebbi oltrepassate di poco, trovai l'amore dell'anima mia »(68). Dobbiamo leggere la nostra narrazione con questa parafrasi figurativa. Anche in Maria il dono dell'Intelletto non esclude la non-comprensione momentanea. Anzi l'esige, al fine di provocare una ricerca ansiosa, di suscitare, con l'abbandono del Dio amato, un movimento più forte del cuore, che si palesa con una fiamma più ardente: Flamma amoris consummantis. Avete veduto colui che è l'amore dell'anima mia, dice allora la Sposa alle sentinelle della città: e Maria disse a suo Figlio: Ecco che tuo padre e io addolorati andavamo in cerca di te.

Gesù risponde ricordando la sua paternità divina; ed essi non compresero quello che egli loro diceva, dice il Vangelo. In quell'istante, Giuseppe e Maria non compresero, ma, come la Sposa dei Cantici, che oltrepassò le sentinelle, trovò colui che è l'amore dell'anima sua, Maria ci vien mostrata nell'atto di conservare tutte queste cose in cuor suo. Che cosa significa? che comprende finalmente? No, non è possibile. Ma fa di meglio: ella vede. Vede con quegli occhi del cuore, che non escludono l'oscurità, ma che dànno un'intelligenza più immediata e più certa che nitidezze di evidenza.

Non comprende, ma sotto l'ispirazione dello Spirito, sente la felicità d'essere la Sposa di quel Padre Eterno, che è padre di suo figlio, e la madre di quel figlio che già si occupa degli affari di suo Padre: lo sente intimamente, silenziosamente, lo conserva in cuor suo.

Beati i cuori puri, perché vedranno Dio. Il cuore di Maria è purissimo. Ella non ha altro amore che il Padre, il Figlio e lo Spirito. Vive dell'intelligenza dei più profondi misteri della Divinità. Ecco perché è felice.

SETTIMA PAROLA: IL DONO DELLA SAPIENZA.

«Magnificat anima mea Dominum».
Luca 1,46-55

E' il Cantico di Maria, la fiamma dell'amore giubilante, secondo S. Bernardino. E' la voce dell'entusiasmo che nasce nel più profondo di un cuore in cui Dio ha stabilito il suo dominio in modo assoluto e regale. Un tal cuore vede Iddio dappertutto, in tutte le contingenze della sua vita, in tutte le sorgenti della storia del mondo. Dio diventa per quel cuore la grande realtà fondamentale che si nasconde sotto le apparenze delle cose. In lui e per lui viviamo, ci muoviamo e siamo. Quel cuore giudica di tutto per mezzo di questa causa suprema, infinita e profonda. Cerca di entrare in comunicazione con la sapienza che regge il mondo, di identificare le proprie vedute con le sue. E poiché questa ispirazione gli viene dalla carità, di cui lo Spirito Santo tiene il governo, nulla potrebbe impedire a questa identificazione di diventare una realtà. Ecco il dono della sapienza, il dono di quei pacifici entusiasti, i quali sentono che il Dio che governa il mondo è con essi e vorrebbero diffondere questo sentimento nell'intero universo. E' proprio lui che riposa su Maria nel momento che ella - piena dello Spirito di Dio, dopo che questo medesimo Spirito di Dio ebbe invaso Elisabetta, e il figlio di lei, figura dell'umanità, ebbe sussultato - espande in questo cantico, in cui l'amore di Dio appare ad ogni versetto, come l'ultima parola del suo purissimo Cuore:

L'anima mia magnifica il Signore ed esulta il mio spirito in Dio, mio Salvatore, perché ha rivolto lo sguardo alla bassezza della sua serva.

Ed ecco che da questo punto mi chiameranno beata tutte le generazioni. Perché grandi cose ha fatto in me Colui che è potente.

E santo è il nome di lui e la sua misericordia di generazione in generazione sopra coloro che lo temono.

Fece un prodigio con il suo braccio; disperse i superbi nel pensiero del loro cuore.

Ha deposto dal trono i potenti, e ha esaltato gli umili.

Ha ricolmati di beni gli affamati, e a mani vuote ha rimandato i ricchi.

Accolse Israele suo servo, ricordandosi della sua misericordia; come parlò ai padri nostri, ad Abramo e ai suoi discendenti per tutti i secoli.


NOTE

(65) “Quis mortálium, nisi divíno tutus oráculo, de vera Dei et hóminis Genitríce quidquam módicum, sive grande præsúmat incircumcísis, immo pollútis lábiis nomináre, quam Pater ante sæcula Deus perpétuam prædestinávit in Vírginem, digníssimam Fílius elégit in Matrem, Spíritus Sanctus omnis grátiæ domicílium præparávit? Quibus verbis ego homúnculus sensus altíssimos virgínei Cordis, sanctíssimo ore prolátos, éfferam, quibus non súfficit lingua ómnium Angelórum? Dóminus enim ait : Bonus homo de bono thesáuro cordis profert bona ; quod verbum potest étiam esse thesáurus. Quis inter puros hómines mélior homo potest excogitári, quam illa, quæ méruit éffici Mater Dei, quæ novem ménsibus in corde et in útero suo ipsum Deum hospitáta est? Quis thesáurus mélior, quam ipse divínus amor quo fornáceum cor Vírginis ardens erat? De hoc ígitur Corde quasi de fornáce divíni ardóris Virgo beáta prótulit verba bona, id est, verba ardentíssimæ caritátis. Sicut enim a vase summo et óptimo vino pleno, non potest exíre nisi óptimum vinum ; aut sicut a fornáce summi ardóris non egréditur nisi incéndium fervens; sic quippe a Christi Matre exíre non pótuit verbum, nisi summi summéque divíni amóris atque ardóris. Sapiéntis quoque dóminæ et matrónæ est pauca verba, sólida tamen atque sententiósa habére ; proínde septem vícibus quasi septem verba tantum miræ senténtiæ et virtútis a Christi benedictíssima Matre legúntur dicta, ut mystice ostendátur ipsam fuísse plenam grátia septifórmi. Cum Angelo bis tantúmmodo est locúta. Cum Elísabeth bis étiam. Cum Fílio étiam bis, semel in templo, secúndo in núptiis. Cum minístris semel. Et in his ómnibus semper valde parum locúta est; excépto quod in laude Dei et gratiárum actióne se ámplius dilatávit, scílicet, quum ait: Magníficat ánima mea Dóminum. Ubi non cum hómine, sed cum Deo locúta fuit. Hæc septem verba secúndum septem amóris procéssus et actus sub miro gradu et órdine sunt proláta; quasi sint septem flammæ fornácei Cordis ejus.” (Breviarium Romanum, Ufficio del Purissimo Cuore della Beata Vergine Maria, Lezione del Secondo Notturno, Sermone di San Bernardino da Siena: sermo IX de Visitatione).
(66) In tutti i testi che seguono abbiamo riprodotto la versione del Padre Marco M. Sales, O. P. (La Sacra Bibbia commentata dal P. Marco M. Sales O.P., Professore di Sacra Scrittura nel Collegio Angelico di Roma; Testo latino della Volgata e versione italiana di Mons. Antonio Martini, riveduta e corretta, in due volumi: 1. I quattro Evangeli ; Gli Atti degli Apostoli; Torino, Libreria del Sacro Cuore Cav. G. B. Berruti; Tipografia Pontificia Cav. P. Marietti, 1912; 2. Le Lettere degli Apostoli ; L'Apocalisse, Torino, Libreria del Sacro Cuore Cav. G. B. Berruti; Tipografia Pontificia Cav. P. Marietti, 1914).
(67) “a Spiritu Sancto movetur animus hominis ad hoc quod perveniat ad finem cuiuslibet operis inchoati, et evadat quaecumque pericula imminentia. Quod quidem excedit naturam humanam, quandoque enim non subest potestati hominis ut consequatur finem sui operis, vel evadat mala seu pericula, cum quandoque opprimatur ab eis in mortem. Sed hoc operatur spiritus sanctus in homine, dum perducit eum ad vitam aeternam, quae est finis omnium bonorum operum et evasio omnium periculorum. Et huius rei infundit quandam fiduciam menti Spiritus Sanctus, contrarium timorem excludens.” (Summa Theol., 2-2, q. 139, a. 1, co.).
(68) “in lectulo meo per noctes quaesivi quem diligit anima mea quaesivi illum et non inveni. Surgam et circuibo civitatem per vicos et plateas quaeram quem diligit anima mea quaesivi illum et non inveni. Invenerunt me vigiles qui custodiunt civitatem quem dilexit anima mea vidistis ? Paululum cum pertransissem eos inveni quem diligit anima mea. Tenui eum nec dimittam donec introducam illum in domum matris meae et in cubiculum genetricis meae” (Cantico dei Cantici 3,1-4).