V
IL DONO DEL CONSIGLIO
S. ANTONINO

Per la prudenza umana, la vita è una lotta. Gli interessi degli uomini sono opposti: il bene dell’uno è spesso il male dell'altro; quanto più si vede chiaro nelle faccende umane, tanto meglio si scorgono gli ostacoli, gli agguati, i maneggi più o meno francamente confessati che nascondono a danno dei nostri migliori progetti, i controprogetti ispirati, spesso sotto un punto di vista lodevolissimo, dagli interessi altrui.

Pare dunque che il diplomatico, l'uomo di amministrazione, l'uomo semplicemente accorto e prudente nella condotta del proprio governo personale, debbano consentire a volte al danno altrui, e rassegnarsi al pessimismo in fatto di uomini e di dolori umani.

Ma così non avviene della Prudenza ispirata da Dio. Lo Spirito Santo assiste al Consiglio imperscrutabile della SS. Trinità dove sono decisi da tutta l'eternità gli interessi dell'umanità e del mondo, e tuttavia il suo nome è Amore. Colui che Isaia chiama il Consigliere per eccellenza, Consiliarius, esordisce nella sua vita pubblica applicando a se stesso queste parole del medesimo profeta: «Lo Spirito del Signore è sopra di me; mi ha consacrato per dar la buona novella ai poveri, per guarire i cuori spezzati, per annunziare la liberazione degli schiavi »(14).

Onde S. Tommaso, dopo S. Agostino, ha l'ardire di annettere la beatitudine dei misericordiosi al dono del Consiglio, e di dare, come segno distintivo di quei prudenti, la cui diplomazia è regolata direttamente dallo Spirito Santo, la pietà per gli sventurati (15).

S. Antonino in un affresco di Pietro Annigoni, Convento di San Marco, Firenze

S. Antonino [Antonino Pierozzi (Firenze, 1389 – Montughi, 2 maggio 1459 ), storico, teologo, arcivescovo di Firenze; canonizzato da papa Adriano VI nel 1523 ] ci appare come la stessa incarnazione di questa prudenza secondo lo Spirito Santo. E' quello che la Chiesa attesta, quando lo riconosce in queste parole di Giobbe, che formano la prima lezione del suo ufficio: «Quando mi recavo alla porta della città, mi si preparava una cattedra sulla piazza. La gioventù si ritirava e i vecchi, alzandosi, restavano in piedi. I grandi cessavano di parlare e si ponevano un dito sulle labbra. I capi tacevano e la loro lingua rimaneva inerte. L'orecchio che ascoltava mi rendeva omaggio e l'occhio che mi vedeva mi era favorevole. Perché avevo liberato il povero che strideva e il pupillo privo di difensore. Benedizioni mandava a me colui, che stava in pericolo di perire, e al cuore della vedova porgevo conforto. Fui occhio al cieco e piede allo zoppo, e padre dei poveri (16)».

Questa scena, nello stile immaginoso proprio dell'Oriente, non esprime forse l'unione tra la Prudenza che si fa ascoltare e la Misericordia che si fa benedire, caratteristica del dono del Consiglio?

Ma seguiamo rapidamente queste due manifestazioni di un medesimo Spirito nella vita del nostro santo.

Fu egli mai più prudente, più accorto, più diplomatico di quel giorno in cui, semplice adolescente, picchiava alla porta del convento di Fiesole? Con uno di quegli sguardi chiari, che l'età matura non conosce più, il fanciullo giudicò il mondo, riconobbe la vanità delle seduzioni che lo circondavano nella Città dei Fiori [Firenze]. Volle Dio e Dio solo. E, come quel mercante che, avendo trovata una perla preziosa, vende tutti i suoi beni per comprarla (17), il nostro precoce diplomatico è pronto a dar tutto per essere monaco. Il priore del convento, credendo di rimandare con bel modo questo gracile e meschino giovane, inetto, pensando egli alle osservanze dell'Ordine, gli disse: «Quando saprai a memoria questo grosso volume, ti riceveremo.» Il volume in parola era il Decreto di Graziano, il Codice fondamentale del Diritto ecclesiastico. Nulla di più ingrato per la giovane intelligenza del postulante. Questa offerta entrò all'istante nei suoi santi calcoli. Un anno più tardi, ritorna con il Decreto, domanda di essere interrogato; la sua memoria è imperturbabile, ed è accettato.

Il suo genio, come dottore, data forse da questo primo sforzo intellettuale. «Prima di tutto egli è moralista, dice il suo biografo (18). Se nella sua Somma teologica [Summa theologica o Summa moralis] egli si occupa del dogma, è per attingerne i suoi principii di morale. In quattro prospetti successivi, che formano le quattro parti essenziali della sua opera, egli mostra in primo luogo l'anima umana nella sua nobiltà primitiva, nel suo destino immortale, nei suoi doni, nelle sue potenze. Poi su queste quattro pennellate scintillanti di luce, egli getta l'ombra del peccato: le sue cause, i suoi disordini, le sue vergogne, ed ecco la seconda parte. Proseguendo la sua via, lo segue in tutte le sue ramificazioni, ne mostra la deformità in tutte le condizioni in cui l'uomo può trovarsi, tracciando a ciascuno, con mano sicura, la linea del dovere di fronte a Dio, a se stesso e agli altri, e termina indicando il cammino che solo riconduce l'anima traviata e decaduta alla sua nobiltà primitiva, che è la grazia di Dio, i doni dello Spirito Santo e la pietà verso la S. Vergine».

«Anche nelle sue Cronache [Chronicon o Summa historialis] , che sono uno dei primi saggi di storia universale, S. Antonino resta moralista; quello che segue nella storia dei popoli, quello che vede e mostra a dito, è l'azione sovrana, direttrice e benefica della divina Provvidenza».

Quest'orientamento pratico della sua mente lo destinava alle cariche amministrative. Priore di S. Marco, egli seppe segnare il suo governo con il suggello di una prudenza superiore. Dotato del senso delle realtà, riguardò sempre la scopo soprannaturale come la realtà suprema. Un esempio fra mille. Il suo primo atto di amministrazione fu la ricostruzione del suo convento. «Cosimo de' Medici fu il tesoriere, e S. Antonino l'architetto. Cosimo, abituato allo splendore dei suoi palazzi, ricco, dimostrandolo volentieri, voleva fabbricare al suo santo amico un vasto e comodo monastero. Il Priore fu irremovibile. Fece il piano, diede le misure, e ne sorvegliò l'esecuzione per evitare le sorprese del suo tesoriere.» (19) E il risultato fu quel chiostro così religioso di S. Marco, in cui l'eleganza e la semplicità delle linee gareggiano con una ben intesa regolarità, vantaggi di cui non si dirà mai abbastanza l'importanza. Se le celle sono troppo strette, come giustamente fu detto (20), non dimentichiamo che, per ordine del santo, ciascuna di esse s'arricchì di un affresco dell'Angelico, radiosa apertura sugli orizzonti infiniti del cielo.

Ma dobbiamo affrettarci. S. Antonino diventò Arcivescovo di Firenze. Che cosa s'ha da lodare maggiormente la misura del suo governo abituale o il vigore dei suoi colpi di Stato? Amico dei Medici, sa difendere, contro di essi, da repubblicano integro, i diritti della Costituzione e del popolo, non meno che quelli della Chiesa. Già nella sua cella del convento di S. Marco, Cosimo si recava, di notte, a trattare con lui degli affari della Repubblica. Adesso gli si affidano missioni ufficiali, ed egli le compie con destrezza. «La sua santità non nuoceva alla sua abilità negli affari, e i suoi compagni potevano scrivere alla Signoria che il suo ambasciatore faceva meraviglia e aveva conquistato la stima e la simpatia universale » (21). Onde la posterità non lo conoscerà più che sotto il nome di Antonino il Consigliere, Antoninus Consiliorum.

Postulante, professore, priore di S. Marco, arcivescovo di Firenze, consigliere dei Medici, ambasciatore della Repubblica, S. Antonino resta costantemente uguale a se stesso. Il suo carattere pratico si svolge e grandeggia con una continuazione, con un'unità impeccabile. Non è forse questa l'attività di un'anima consigliata dal consiglio dell'Altissimo? Motio mentis consiliatae ab alio consiliante, dice S. Tommaso (22). Dio muove ciascun essere secondo la sua natura: muove il corpo nello spazio e l'angelo nel tempo; e perché non opererebbe egli secondo il temperamento dei prudenti di questo mondo che s'affidano alla sua direzione (23)? Che meraviglia se l’attività dei santi, sebbene prenda le sue forme dalla prudenza umana, appaia superiore all'incerta diplomazia degli uomini, di tutta la superiorità dei consigli di Dio (24)? Ecco il segreto di S. Antonino: nel suo cuore risiede lo Spirito Santo, è lui che lo consiglia, ed egli potrebbe rispondere ai prudenti di questo mondo come un'altra eroina, anch'ella ispirata in tal modo, quantunque in una vocazione ben diversa: «Voi vi siete conformati al vostro consiglio, e anch'io mi sono conformata al mio» [Dunois et les autres Capitaines, estimèrent ce qui s’était passé la veille de l’Ascension comme une hereuse témérité; ils tinrent conseil, et ils y résolurent de ne pas hasarder l’attaque du fort du pont. “Vous avez été à votre conseil, et moi au mien, lui dit la Pucelle; mais croyez que le conseil de mon Seigneur sera rempli et que le votre périra” (Pierre Jean-Baptiste Chaussard, Jeanne d'Arc. Recueil historique et complet, 2 volumi, Orléans, Chez Darnault-Maurant, 1806, Première Partie, pag. 27)].

Ora quello che principalmente attinse dal consiglio di Dio è la pietà per gli infelici. Donde ciò proviene?

Datemi un uomo di una vera prudenza, non di quella prudenza meschina che bada ai piccoli lati delle cose; e fate che questo prudente di grandi vedute vada sino al fondo di se stessa. Egli non tarderà a rendersi conto che una gran moltitudine di cose superano la sua capacità. Cogitationes hominum timidae et incertae providentiae nostrae [cogitationes enim mortalium timidae et incertae providentiae nostrae( Sapienza 9,14)]. Chi non si è trovato a questo punto fa dubitare della sua perspicacia. Quanto più ciò si verifica della prudenza soprannaturale, di quella prudenza che ha per oggetto di sventare, con una santa politica, le astuzie, le invidie, tutta quella diplomazia incessante del male, che tende ad arrestare gli uomini sulla via della Beatitudine eterna?

Di fronte a un avversario così potente, così perseverante, così scaltro, sarebbe poco un talento straordinario, o anche un genio. Per schermirci da tanti mali, per assicurare a noi, e a quelli di cui c'incombe la cura, il beneficio di un cammino sicuro verso la mèta suprema, non basta un uomo: ci vuole assolutamente Iddio (25).

Ma come possiamo mettere Iddio nelle nostre vedute? La medesima alta prudenza che ci ha fatto riconoscere la necessità di rivolgerci ai consigli di Dio per governarci soprannaturalmente, ce ne indica il mezzo. Se volete che si perdoni a voi, disse Gesù Cristo, perdonate; se volete essere aiutati da Dio, aiutate i vostri fratelli infelici.

Con questa bella dottrina, posta in luce da S. Agostino, si opera la transizione dal dono del Consiglio alla Beatitudine della Misericordia. Certamente l'obbligo di essere misericordiosi nel suo fondo resta un dovere di carità. Ma, sotto un altro aspetto, sotto l'aspetto di una prudenza compiuta perché divina, essa appare come dettata dalla sollecitudine nobile, pura, ben intesa, degli interessi che ci sono affidati. Et ideo specialiter dono Consilii respondet beatitudo Misericordiae non sicut elicienti, sed sicut dirigenti (26). In Dio la mente e il cuore non sono forzatamente opposti. Amare gli infelici è l'ispirazione di un cuore animato dalla carità, ed è anche miglior politica. Perché la felicità dei misericordiosi è, dice Nostra Signore, che essi otterranno misericordia. Dice S. Agostino: «Come vede giusto colui che, desiderando di essere aiutato da Dio, aiuta egli stesso gli altri meno potenti di lui!» (27).

Che differenza tra il pessimismo, senza cuore, del politico e quella prudenza che, senza perdere il suo carattere, si risolve nel più largo e nel più cordiale sentimento! Che distanza tra la benevolenza indulgente e molle del diplomatico invecchiato e quella compassione attiva ispirata dal Consiglio dell'Altissimo! E' tutta la distanza che corre dall'uomo a Dio. Ed è tutta la differenza tra i Medici e Antonino!

Non lontano dalla Signoria dagli schiaccianti baluardi, dove penetrano salo i grandi di questo mondo, il Senato, i Cinquecento, il palazzo dell'Arcivescovo, da lui stesso spogliato del suo lusso, è aperto a tutti gli infelici. Un vescovo, vestito di un abito grossolano come quello dei poveri, li accoglie. Sul letto «una coperta così stretta, così miserabile che un gentiluomo n'ebbe pietà e gliene diede un'altra più bella e più calda »(28). Ed egli la vendette per i suoi poveri. Ricomprata e di nuovo offerta al santo, la rivendette per ben tre volte. «Spesso più di un alto personaggio dovette aspettare che il sant'uomo avesse consolato semplici mendicanti »(29). In grazia di questa facilità di accesso, un uomo, di cui egli aveva represso gli eccessi, tentò un giorno di assassinarlo nella sua cella; ma il pugnale fortunatamente deviò (30). Diede tutto quello che aveva, e la sua carità, superando il suo secolo, gli ispirò di fondare una opera per soccorrere i poveri vergognosi (31). In miseros misericors, plus quam mitis in humiles (32): compassione e dolcezza, tali sono le due qualità che distinguono il santo arcivescovo nei suoi rapporti con i miserabili, e tal è in lui il termine a cui fa capo l'intelligenza meglio dotata dal lato pratico dello spirito e delle qualità diplomatiche.

Esempio prezioso per noi. Abbiamo tutti un piccolo governo esterno da amministrare; e consiste per lo meno nelle nostre relazioni con quelli che ci avvicinano, nella cura di certi interessi, nella direzione di certe persone. Lo spirito pratico ha necessariamente una parte nella nostra vita. Se vogliamo essere pratici sino in fondo, dobbiamo essere pratici soprannaturalmente. E allora, come S. Antonino, dobbiamo ottenere da Dio che ci aiuti, perdonando ai nostri fratelli in una comune miseria, aiutandoli con i nostri mezzi quando possiamo (33).

Se così facciamo, Dio ci ispirerà il suo consiglio; perché egli si fa una legge di aiutare quelli che avranno soccorso gli infelici. La nostra vita si svolgerà al di sopra delle preoccupazioni meschine, dei sentimenti poco cristiani, verso i quali degenerano il corso della vita quotidiana, l'urto fatale delle personalità, l'opposizione degli interessi e delle vedute anche più riflessive e a volte più soprannaturali. Noi sorvoleremo. Gli angeli, dice S. Tommaso, consultano Dio incessantemente. Questo semplice sguardo alla volontà divina ogni volta che stanno per agire e durante la loro stessa azione, è la loro vita (34). Ciò può essere anche la nostra. S. Antonino, col suo esempio, ci insegna che anche noi possiamo dare alla nostra vita l'unità, la prudenza, la sapienza soprannaturale delle vedute, purché non separiamo i due atti del dono del consiglio, e, accettando la condotta di Dio per la nostra utilità, noi adempiamo la condizione che essa ci suggerisce, cioè: una compassione vera, soprannaturale, effettiva per i nostri compagni di via, condannati alle nostre medesime tristezze, alle nostre medesime fatiche, durante questo grande viaggio che ci conduce all'eternità.


NOTE

(14) Spiritus Domini super me propter quod unxit me evangelizare pauperibus misit me, praedicare captivis remissionem et caecis visum, dimittere confractos in remissionem, praedicare annum Domini acceptum et diem retributionis (Luca 4,18-19).
(15) “consilium proprie est de his quae sunt utilia ad finem. Unde ea quae maxime sunt utilia ad finem maxime debent correspondere dono consilii. Hoc autem est misericordia, secundum illud I ad Tim. IV, pietas ad omnia utilis est. Et ideo specialiter dono consilii respondet beatitudo misericordiae, non sicut elicienti, sed sicut dirigenti” (Summa Theol., 2-2, q. 52, a. 4, co.).
(16) “quando procedebam ad portam civitatis et in platea parabant cathedram mihi videbant me iuvenes et abscondebantur et senes adsurgentes stabant principes cessabant loqui et digitum superponebant ori suo vocem suam cohibebant duces et lingua eorum gutturi suo adherebat auris audiens beatificabat me et oculus videns testimonium reddebat mihi quod liberassem pauperem vociferantem et pupillum cui non esset adiutor. Benedictio perituri super me veniebat et cor viduae consolatus sum. Iustitia indutus sum et vestivit me sicut vestimento et diademate iudicio meo oculus fui caeco et pes claudo. Pater eram pauperum et causam quam nesciebam diligentissime investigabam” (Giobbe 29,7-16).
(17) iterum simile est regnum caelorum homini negotiatori quaerenti bonas margaritas, inventa autem una pretiosa margarita abiit et vendidit omnia quae habuit et emit eam (Matteo 13,45-46).
(18) Daniel Antonin Mortier, Saint Antonin de l’ordre de Saint Dominique, Archevêque et Patron de Florence, Lille, Desclée de Brouwer, 1896, pag. 27.
(19) Saint Antonin, pag. 8.
(20) Ibid.
(21) Ibid., pag. 24.
(22) “Ad primum ergo dicendum quod iudicare et praecipere non est moti, sed moventis. Et quia in donis Spiritus Sancti mens humana non se habet ut movens, sed magis ut mota, ut supra dictum est; inde est quod non fuit conveniens quod donum correspondens prudentiae praeceptum diceretur vel iudicium, sed consilium, per quod potest significari motio mentis consiliatae ab alio consiliante” (Summa Theol., 2-2, q. 52, a. 2, ad 1).
(23) “dona Spiritus Sancti, ut supra dictum est, sunt quaedam dispositiones quibus anima redditur bene mobilis a Spiritu Sancto. Deus autem movet unumquodque secundum modum eius quod movetur, sicut creaturam corporalem movet per tempus et locum, creaturam autem spiritualem per tempus et non per locum, ut Augustinus dicit, VIII super Gen. ad Litt. Est autem proprium rationali creaturae quod per inquisitionem rationis moveatur ad aliquid agendum, quae quidem inquisitio consilium dicitur. Et ideo Spiritus Sanctus per modum consilii creaturam rationalem movet. Et propter hoc consilium ponitur inter dona Spiritus Sancti” (Ibid., 2-2, q. 52, a. 1, co.).
(24) “Ad primum ergo dicendum quod prudentia vel eubulia, sive sit acquisita sive infusa, dirigit hominem in inquisitione consilii secundum ea quae ratio comprehendere potest, unde homo per prudentiam vel eubuliam fit bene consilians vel sibi vel alii. Sed quia humana ratio non potest comprehendere singularia et contingentia quae occurrere possunt, fit quod cogitationes mortalium sunt timidae, et incertae providentiae nostrae, ut dicitur Sap. IX. Et ideo indiget homo in inquisitione consilii dirigi a Deo, qui omnia comprehendit. Quod fit per donum consilii, per quod homo dirigitur quasi consilio a Deo accepto. Sicut etiam in rebus humanis qui sibi ipsis non sufficiunt in inquisitione consilii a sapientioribus consilium requirunt” (Ibid., 2-2, q. 52, a. 1, ad 1).
(25) Ibid., si veda il passo citato nella nota precedente.
(26) “consilium proprie est de his quae sunt utilia ad finem. Unde ea quae maxime sunt utilia ad finem maxime debent correspondere dono consilii. Hoc autem est misericordia, secundum illud I ad Tim. IV, pietas ad omnia utilis est. Et ideo specialiter dono consilii respondet beatitudo misericordiae, non sicut elicienti, sed sicut dirigenti” (Ibid., 2-2, q. 52, a. 4, co.).
(27) “Quinto autem gradu perseverantibus in labore datur evadendi consilium, quia nisi quisque adiuvetur a superiore, nullo modo sibi est idoneus, ut sese tantis miseriarum implicamentis expediat. Est autem iustum consilium, ut qui se a potentiore adiuvari vult, adiuvet infirmiorem in quo est ipse potentior. Itaque: Beati misericordes, quia ipsorum miserebitur” (S. Agostino, De sermone Domini in monte, lib. 1, 3,10).
(28) Saint Antonin, p. 16.
(29) Ibid., p. 18.
(30) Ibid., p. 19.
(31) Ibid., p. 27.
(32) Atrae noctis obscuritas/ Antonini fulgoribus/ Fugatur, qui prodigiis/ Vitae et signorum radiat:/ Virginitate niveus,/ Doctrinae luce splendidus,/ Praesul et pastor optimus,/ Clarum virtutis specimen./ Pauper amavit pauperes,/ In miseros misericors,/ Intrepidus in perditos,/ Plusquan mitis in humiles./ Quam potens apud Dominum,/ Qui mortis jura subruit,/ In hanc lucem dum revocat/ Mortis revinctum nexibus! (ufficio liturgico di S. Antonino, hymnus ad matutinum; Breviarium juxta ritum Ordinis Praedicatorum).
(33) “Sed contra est quod Augustinus dicit, in libro de Serm. Dom. in monte, consilium convenit misericordibus, quia unicum remedium est de tantis malis erui, dimittere aliis et dare” (Summa Theol., 2-2, q. 52, a. 4, s.c.).
(34) Tamen quaedam sunt quae beati, vel Angeli vel homines, non cognoscunt, quae non sunt de essentia beatitudinis, sed pertinent ad gubernationem rerum secundum divinam providentiam. Et quantum ad hoc est aliud considerandum, scilicet quod mens beatorum aliter movetur a Deo, et aliter mens viatorum. Nam mens viatorum movetur a Deo in agendis per hoc quod sedatur anxietas dubitationis in eis praecedens. In mente vero beatorum circa ea quae non cognoscunt est simplex nescientia, a qua etiam Angeli purgantur, secundum Dionysium, VI cap. Eccl. Hier., non autem praecedit in eis inquisitio dubitationis, sed simplex conversio ad Deum. Et hoc est Deum consulere, sicut Augustinus dicit, V super Gen. ad Litt., quod Angeli de inferioribus Deum consulunt. Unde et instructio qua super hoc a Deo instruuntur consilium dicitur. Et secundum hoc donum consilii est in beatis, inquantum in eis a Deo continuatur cognitio eorum quae sciunt; et inquantum illuminantur de his quae nesciunt circa agenda. (Summa Theol., 2-2, q. 52, a. 3, co.).